una casa, un centro per giovani problematici, per i figli trascurati di famiglie allo sbando, un rifugio per persone affette da disturbi psicologici. È una prigione. Non ci danno da mangiare, non vediamo gli altri, se non quando rari sprazzi di luce s’intrufolano da quelle fessure di vetro che qui chiamano finestre. Le notti sono squarciate da grida, singhiozzi, gemiti e urla agonizzanti, dal rumore di carne e di ossa spezzate – se a forza o per scelta, non lo saprò mai.